• Pubblicata il
  • Autore: Atahualpa
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Quella notte a Roma - Friuli Venezia Giulia Trasgressiva

Roma era semplicemente meravigliosa in quell’ afosa serata d’agosto. Le caratteristiche strade di Trastevere sapevano di storia e pace, l’unico rumore era dato dai nostri passi sul selciato. La città eterna godeva di un insolita tranquillità, poiché la maggior parte dei romani era migrata verso luoghi di villeggiatura nei quali ottenere quel po’ di refrigerio negato dalla calura che attanagliava tutto il paese. Mi accesi una sigaretta e guardai uno sparuto gruppetto di turisti (tedeschi, scommetto: solo loro possono vestirsi abbinando quei colori…) che ciondolava lentamente verso la loro pensione. Il mio sguardo si spostò verso la fontanella al centro della piazzetta e si ritrovò ad ammirarla : sette anni di fidanzamento e tre di matrimonio e ancora non riuscivo a non stupirmi della sua bellezza e del suo fascino. Daniela,mia moglie, era piegata in avanti mentre beveva alla fontana e non riuscì a staccare lo sguardo dalle sue splendide gambe, tornite ed abbronzate, slanciate dagli zoccoli con tacco alto che le avevo regalato qualche giorno prima e che lasciavano scoperti i suoi splendidi piedi con le unghie pittate di rosso. La già cortissima minigonna che indossava quella sera era risalita fino a mostrare più del dovuto e sarebbe stato fin troppo evidente a chiunque fosse passato di lì in quel momento, che non indossava le mutandine. La cosa non poteva certo sorprendermi : ero stato io ad impedirle di mettere qualunque tipo di biancheria intima nei suoi bagagli per quell’ estate. Adoro esibirla agli occhi degli altri uomini, mi eccito a vedere la sorpresa nei loro sguardi, il loro desiderio crescente, mi rende fiero di lei. Sfortunatamente la piazza era deserta, e nessun passante potè godere di quello spettacolo. Daniela finì di bere, si sollevò, con un movimento della testa mandò sulle spalle i lunghi capelli biondo cenere e con la mano si asciugò le poche gocce d’acqua fresca che le colarono dal mento. Mi ritrovai a pensare a quanto fortunato fossi ad avere per me una donna talmente splendida.
Era stata lei ad insistere per fare quella tappa a Roma, ma a dire il vero io non mi feci pregare più di tanto: anche se non rientrava nell’ itinerario progettato, era tanto tempo che non la visitavo, e il periodo dell’anno l’avrebbe spogliata della confusione che la caratterizza.
“Allora?”, proruppe lei tra i miei pensieri, “Ti sei impalato ?”
“Si, amore, mi fa sempre questo effetto guardarti …”
“Scemo! Solo perché questa gonna è troppo corta …”, disse mentre cercava senza risultati apprezzabili di tirare la gonna più giù di quanto non potesse andare.
Completava il suo abbigliamento un minuscolo top rosso, che lasciava nude le sue spalle abbronzate e l’ ombelico. Ovviamente niente reggiseno.
“Zitta …”, la baciai con passione, mentre entrambe le mie mani si fecero strada sotto la mini bianca e incontrarono le sue splendide chiappe nude.
“Smettila, potrebbe vederci qualcuno ,,,”
“Magari”, le risposi, e così facendo con una mano le abbassai il top e tirai fuori la splendida quarta di seno che aveva. Mi abbassai a leccarle i capezzoli con avidità, mentre le infilai due dita da dietro nella passerina, trovandola già umida di umori.
“Guardala la mia troietta, fa tanto la santarellina, ma è gia' eccitata …”
“Ti ho detto di smetterla, potrebbe passare qualcunoooh …”
Proprio in quell’ istante svoltò l’angolo una vecchia bicicletta cigolante. A bordo c’era un tipo sulla cinquantina, con indosso una vecchia canotta bianca e dei calzoncini. Si accorse subito di noi e avvicinandosi non potè non vedere quello che stava accadendo. Vedendolo mi staccai dalle tette di mia moglie, e lei nascose il viso sulla mia spalla per la vergogna,
Ma mi guardai bene dal togliere la mano dal suo culo, assicurandomi che il passante vedesse chiaramente il culo nudo di lei e le mie dita ancora nella sua figa.
Il passante strabuzzò gli occhi, e per poco non perse l’equilibrio ribaltandosi dalla vecchia bici già cigolante sotto il suo considerevole peso.
“Buonasera!”, lo salutai noncurante della situazione. Poi girai di scatto Daniela dalla sua parte, dicendole, “Dai cara, non essere maleducata, saluta !”, mostrando all’ esterrefatto avventore anche le sue splendide tettone nude.
“Buonasera …”, disse lei a occhi bassi, poi la tirai per un braccio e scappammo via ridendo.
Il passante ci guardò attoniti andare via, ripetendosi “Anvedì questi …”
Corremmo fino a svoltare l’angolo, poi appoggiai Daniela al muro e cominciai a baciarla palpandola dappertutto, trovandola ancora più bagnata di prima.
“Sei un pazzo, devi finirla con questi giochi. Se uno di questi giorni ne trovi uno che non si accontenta di guardare che fai ?”
“Chi lo sa? Potrei fargli capire che il gioco ha le nostre regole …. Oppure no …”
“Cosa vuoi dire? Mi faresti sbattere da uno sconosciuto ?”
“Ho detto che non lo so. Ma potrebbe essere eccitante …”
“Sei un porco pervertito!”
“E tu sei una gran puttana! Guarda come ti sei bagnata!”
“Non è vero …”, rispose lei infantilmente, negando l’evidenza.
L’ eccitazione era al culmine, volevo scoparmela, volevo sbatterla come una troia proprio lì. In mezzo alla strada, sperando che passasse qualcuno e volesse prendersi la sua parte.
La afferrai per i capelli e la girai contro il muro, i suoi capezzoli duri per l’ eccitazione schiacciati contro i mattoni, le sollevai nuovamente la mini e le infilai nuovamente due dita in figa facendola ansimare a voce alta. Usai i suoi umori vaginali per ungere per bene le mie dita, poi le estrassi dalla figa e le posizionai sull’ altro buchetto.
“Ma che fai ???”, un misto di eccitazione, paura e rassegnazione nella sua voce.
“Adesso te lo sbatto nel culo!”, risposi ormai fuori di me dall’ eccitazione.
Ma proprio in quell’istante un tuono fragoroso infranse il silenzio di quella notte romana, e pochi secondi dopo ebbe inizio il più classico e violento temporale estivo.
Nostro malgrado dovemmo frenare i nostri bollenti spiriti e concentrarci sulla necessità immediata: trovare una riparo.
Mi guardai attorno mentre la pioggia cominciava a ricoprirci e scorsi a poche centinaia di metri la luce di una locanda, forse l’unica rimasta aperta a quell’ ora.
Presi Daniela per mano e cominciammo a correre, non senza difficoltà da parte sua visti i tacchi alti.
Finalmente arrivammo davanti al locale bagnati fradici e col fiatone tipico della mancanza di allenamento, e spalancai di colpo il vecchio portone in legno precipitandomi dentro con mia moglie a ruota.
Sicuramente la nostra entrata non era stata una delle più discrete, e infatti non mi meravigliai nel notare gli sguardi dei presenti spostarsi su di noi. Quello che non capivo era come mai non accennassero a staccarsi. Poi mi voltai e capii.
Daniela era completamente fradicia, il top letteralmente incollato sulle tettone metteva in risalto i suoi capezzoli turgidi dall’ eccitazione e dal fresco contatto con l’acqua piovana; sotto l’orlo della mini che a mala pena le copriva la sottile striscia di peli pubici, si stagliavano le sue splendide cosce nude e madide d’ acqua, che le colava in piccoli rivoli fino alle dita dei piedi. Era una delle visioni più eccitanti che avessi mai visto,
E non fui certo l’unico a pensarlo. Nella locanda c’erano sei persone, tutti maschi, il più giovane sui cinquant’anni, il più anziano sui sessanta circa. Stavano seduti attorno ad un tavolo vicino al bancone dell’ oste (anche lui sulla cinquantina) a bere vino. Il tempo sembrò fermarsi in quell’ attimo in cui l’unico rumore presente in sale era l’ansimare ritmico di mia moglie che cercava di recuperare dalla corsa appena effettuata. Tutti gli sguardi erano posati sul suo corpo, e nessuno faceva in modo da nascondere la loro intenzione di spogliarla con gli occhi. Un paio di loro restarono a bocca aperta, un paio si passarono la lingua sulle labbra, un paio addirittura non si trattennero dal toccarsi la patta dei pantaloni sotto il tavolo.
Fui io ad interrompere quel silenzio irreale.
“Scusate se abbiamo fatto irruzione in questo modo, ma siamo stati colti di sorpresa dal temporale e … così …”
Mi sembrava di parlare al vuoto. O, peggio, di non esistere. Nessuno diede l’impressione di accorgersi delle mie parole, tutti restarono fissi a mangiare con gli occhi quello splendido esemplare di femmina seminuda che si erano ritrovati davanti, e che, dettaglio secondo me non trascurabile, era mia moglie !
“Ehm … scusate … non vi da fastidio se stiamo un po’ qui ad asciugarci e aspettiamo che smetta di diluviare ???”
Dopo qualche altro secondo di silenzio durante il quale cominciai a pensare davvero di non esistere, una voce si sollevò per dirmi: “Figurateve se ce spiace …”
Cercai di indirizzare lo sguardo verso il punto dal quale era partita la voce, e mi accorsi non senza sorpresa che l’uomo che l’aveva pronunciata era il passante di poco prima, quello della bici. Staccò per un attimo gli occhi dal corpo di mia moglie per fissare i miei, trovando in essi un malcelato segno di preoccupazione.
“Nun ce spiace proprio pe gnente …” disse lentamente esibendo un sorriso tanto ampio quanto poco rassicurante, per poi spostare nuovamente lo sguardo su Daniela.
“Bene” dissi io mio malgrado, e mi girai verso mia moglie : era paonazza in viso, visibilmente imbarazzata dagli sguardi insistenti di quegli uomini che la frugavano dappertutto, dal fatto che anche lei aveva riconosciuto il tipo della bici, tremante dal freddo provocato dalla pioggia che aveva intriso i suoi vestiti ed ora andava asciugandosi sul suo corpo così esposto agli sguardi languidi di quei vecchi porci.
“Stai tranquilla”, le sussurrai, “ce ne stiamo qui un po’ all’asciutto e poi tra poco, quando smette di piovere, ce ne torniamo in albergo e facciamo l’amore, e vedrai che poi ci rideremo sopra. Ok ?” Quanto mi sbagliavo …
“SI”, rispose lei mentre le accarezzavo le braccia, “ma ho freddo…”
“Ok, siediti qui che recupero qualcosa”.
Mi avviai verso l’oste lasciando Daniela all’ unico tavolo disponibile (gli altri avevano già le sedie sopra), che guarda caso era posizionato proprio davanti al bancone e al tavolo degli altri uomini presenti. Vidi che l’uomo della bici stava dando di gomito ai suoi amici e sussurrava loro qualcosa. Immediatamente partirono dei risolini quanto mai inequivocabili.
Domandai all’oste se poteva prestarmi qualcosa per permettere a mia moglie di asciugarsi, sottolineando quel “mia moglie” nella speranza che questo facesse tenere ai quei lupi affamati un minimo di contegno. Per risposta l’oste non mi degnò neanche di uno sguardo, anzi, spostò il capo per vedere meglio dietro di me. Mi girai e vidi che non aveva la minima intenzione di perdersi la scena di Daniela che si accomodava su una sedia. Mia moglie se ne stava con le braccia conserte attorno al petto, un po’ per il freddo, un po’ per coprire le tette così evidenti attraverso il top tanto minuscolo quanto fradicio. Ma la mini gonna era talmente ridotta che, sebbene riuscì a non far vedere a nessuno che era senza mutandine, lo spettacolo delle sue splendide cosce accavallate era comunque imperdibile.
La vidi mentre cercava di trovare una posizione tale da coprirsi meglio, ma ogni tentativo falliva miseramente, offrendo agli occhi di quegli uomini una visione comunque da urlo.
“Mi scusi …”, mi rigirai verso l’oste, “potrebbe prendersi un’ accidente.”
Mi guardò per un attimo quasi stupendosi di trovarmi lì davanti a lui. Dopo un attimo di esitazione prese lo strofinaccio che aveva sulla spalla e me lo porse. “Tiè. Daje questo”, e riprese a guardare verso di lei.
Capii che era inutile insistere, e che quello strofinaccio sarebbe stata l’unica cosa che avrei avuto da quell’ uomo. Così mi voltai e tornai al tavolo da mia moglie.
“Ho trovato solo questo” le dissi con tono di scusa.
“Va benissimo”, tagliò corto lei, “meglio di niente.”
E così cominciò ad asciugarsi il corpo ed i capelli, ora sporgendosi in avanti e dando spettacolo del meraviglioso decolletè, ora concentrandosi sulle gambe, i cui movimenti davano fugaci visioni di parti proibite del suo corpo.
Gli uomini nel frattempo avevano ricominciato a bere e a cantare vecchie canzoni popolari, ma non per questo avevano smesso di notare ogni movimento che mia moglie faceva e che poteva metterla in mostra, cosa tutt’altro che difficile visto l’abbigliamento.
Non si trattenevano dal fare commenti pesanti, senza preoccuparsi troppo di non farsi sentire : “Anvedi che sorcona…”, “N’sai che je farei a que’ zinne…”, “… ma tu guarda se se po’ annà ‘n giro mezza gnuda come na zoccola…”, e altre frasi più o meno colorite.
Non vi nego che, nonostante la preoccupazione, la cosa continuava ad eccitarmi sempre di più. Forse un po’ anche per l’eccitazione di poc’anzi, ma ad alluparmi veramente era vedere mia moglie al centro delle attenzioni tutt’altro che signorili di quel gruppo di attempati buzzurri.
Anche Daniela, da parte sua, era estremamente combattuta. Da un lato la preoccupazione, dall’ altro la somma dell’ eccitazione precedente e il piacere tutto femminile di essere al centro dell’ attenzione. Ma soprattutto non riusciva a riprendersi dal freddo. Ormai il suo corpo si era asciugato del tutto, ma gli indumenti che aveva addosso , seppur minuscoli, erano fradici.
“Ordino un po’ di vino, così ti scaldi”, proposi io.
“SI, è un’ ottima idea”.
Ma nel cercare il portafogli mi accorsi di non averlo più.
“Merda!”, esclamai stizzito mentre facevo il giro delle tasche dei calzoni.
“Non trovo il portafogli, mi dev’essere caduto mentre correvamo!”
Fu in quel momento che l’uomo della bici, che sicuramente aveva sentito i nostri discorsi, si fece avanti. “Signorì, se c’ha freddo venga qua a beve ‘n pò de vino co noi, che se scarda”.
“No, grazie.” Rispose Daniela visibilmente imbarazzata.
“Nun se preoccupi, signorì, offrimo noi. Che fa, rifiuta l’ospitalità? E poi v’avemo sentito che volevate er vino ma non c’avete li sordi. Venite qua che sennò se pja na bronchite…”
Guardai mia moglie. Fuori non accennava a smettere di diluviare, anche se a noi era sembrata un eternità, eravamo in quel posto da poco più di cinque minuti.
Nel suo sguardo forte imbarazzo ed indecisione. Il suo sguardo diceva “Decidi tu, prenditi tu la responsabilità della scelta”.
La guardai in silenzio per pochi attimi, poi l’uomo della bici si alzò.
“E dajje, ma guarda un po’ se se devono fa sti complimenti…”, sorridendo si diresse verso Daniela e,prendendola per il braccio in maniera dolce ma decisa, la fece alzare.
“Siete ospiti mia, nun ve preoccupate. Bevete insieme a noi, se famo na cantata e quanno smette de piove se n’ annamo tutti a dormì. E dajje, su …”
Il suo modo di fare così bonario ci strappò un sorriso imbarazzato, che l’uomo non esitò ad interpretare come un assenso, così con il braccio libero prese il mio e ci portò verso il loro tavolo, tra i nostri “Ma non dovete disturbarvi”, i suoi “Ma quale disturbo,,,” e gli applausi degli altri seduti al tavolo.
Ci fecero accomodare (stringendoci un po’, ad un tavolo da sei eravamo ora in otto) e cominciarono a versarci del vino in quantità. Continuarono gli stornelli e le risate, e Daniela non faceva in tempo a svuotare il proprio bicchiere che qualcuno glie lo riempiva nuovamente. Sarà stato il vino, ma fatto sta che la proverbiale simpatia dei romani cominciò a contagiarci, e sia io che mia moglie cominciammo a ridere e divertirci con loro.
Di tanto in tanto buttavo uno sguardo a mia moglie seduta al mio fianco, la quale era arrivata forse al quarto bicchiere di vino, bevanda che lei non regge proprio per nulla.
Il freddo e la preoccupazione svanirono col passare dei minuti, per far posto all’ eccitazione. Gli sguardi ovviamente continuavano, soprattutto ora che Daniela era così vicino ai loro occhi, ma mia moglie sembrava non accorgersene oppure non curarsene. Evidentemente il vino le stava facendo via via perdere i freni inibitori.
Cominciò a ridere sempre di più, perdendo il controllo dei propri movimenti, ai quali era stata attenta finche era lucida, visto il suo ridottissimo abbigliamento.
Dopo aver svuotato il sesto o settimo bicchiere di vino i commensali la presero in giro facendole credere di non volergliene dare più, allontanando il fiasco da lei verso l’altro capo del tavolo. Daniela si alzò e si sporse sul tavolo fino ad afferrare il fiasco, non curandosi del fatto che così facendo tutti gli uomini dalla mia parte ebbero modo di ammirare il suo culo nudo e accorgersi che era senza mutandine.
Fu a questo punto che mi resi conto che era ubriaca. Completamente,
Sarebbe stato a me il compito di mettere un freno, lei non ne era più in grado.
Ma il vino aveva fatto effetto anche su di me (anche se io lo reggo meglio di lei), e non smisi di trovare la situazione sempre più intrigante. Così decisi di lasciare che le cose prendessero il loro corso, per vedere fin dove si sarebbe spinta.
Mi alzai per andare al bagno, cercai di fare velocissimo, e quando tornai la trovai con un altro bicchiere in mano che cantava a squarciagola “Ma che ce frega, ma che ce ‘mporta”.
Il tizio della bici aveva preso il mio posto sedendosi alla sua sinistra, così adesso Daniela si trovava in mezzo tra due uomini e li abbracciava dondolandosi al ritmo della canzone.
Alla fine della canzone i due che le stavano a fianco si congratularono con lei perché la sapeva tutta, dalla prima parola all’ ultima, e nel farlo notai che la loro mani si posizionarono sulle sue cosce nude, un tantino troppo vicine alle tette, il tutto accompagnato da qualche bacio sulla guancia.
Si riprese a bere e cantare, e non potei fare a meno di notare che i due ormai tenevano le loro mani continuamente sulle cosce di lei, che non faceva nulla per impedirlo, e che, anzi, talvolta, ricambiava con sorrisi maliziosi.
I due si alzarono per cantare una nuova canzone, sollevando anche lei, che continuò a cantare mentre i due infilarono le mani sotto la gonna e presero a palparle tranquillamente il culo. Naturalmente mi accorsi immediatamente della cosa, e la guardai negli occhi per cogliere una sua qualsiasi reazione. Daniela mi guardò con gli occhi confusi dall’ alcool e dalla crescente eccitazione, e l’unica cosa che riuscì a fare fu un sorrisetto appena abbozzato.
Capii che quello era il punto di non ritorno, Fermarsi adesso oppure mai più.
E presi la mia decisione.
“Sapete che mia moglie è una bravissima ballerina ?”
“Oste, perché non mette un po’ di musica, così mia moglie vi fa un balletto?”
Daniela mi guardò con uno sguardo misto di interrogazione e di desiderio.
Una musica disco anni 70 invase l’aria, e io le guardai fissa negli occhi e le ordinai: “Sul tavolo!”
Gli uomini cominciarono ad applaudire a ritmo di musica e ad incitarla, finchè lei non si decise e salì sul tavolo (non l’avrebbe mai e poi mai fatto da sobria).
Mi sedetti e come gli altri cominciai a godermi lo spettacolo.
Daniela cominciò timidamente, per poi progressivamente lasciarsi andare alla musica. Cominciò a dimenarsi ad occhi chiusi, senza vedere gli uomini ma sapendo benissimo cosa vedevano loro. Ad ogni movimento la mini saliva sempre di più sui fianchi, ormai era quasi arrotolata in vita, mia moglie stava ballando nuda dalla cintola in giù sopra un tavolo in un osteria di Trastevere esibendosi agli sguardi voraci di sette uomini maturi che ad ogni movimento applaudivano e ululavano.
All’ improvviso spalancò gli occhi e mi fissò. Ero letteralmente inebetito da quello che vedevo, non ero in grado di fare neanche un cenno, ma mai e poi mai avrei voluto che quel momento avesse fine.
Lei sembrò leggere il mio sguardo, e con un sorriso recapitato direttamente dall’ inferno, cominciò ad armeggiare con il top.
Le urla si fecero ancora più alte quando anche gli altri presenti capirono cosa stava per succedere, e in un attimo Daniela si sfilò il top e lo lanciò chissà dove.
Continuò a ballare, dimenando le tette nude sotto gli sguardi di quegli uomini, stringendole tra le mani, flettendosi sulle ginocchia e rialzandosi lentamente per permettere loro una visione accurata del culo e della passera infuocata. Aveva perso qualsiasi freno.
Gli uomini non sazi cominciarono a gridare all’ unisono : “NUDA! NUDA!”, coro al quale mi resi conto mi ero unito anche io.
Daniela non se lo fece ripetere due volte, e con un rapido gesto si sfilò la mini arrotolata e gettò anch’essa nel nulla, restando completamente nuda ad eccezione degli zoccoli ai suoi piedi, che slanciavano e accentuavano ancor di più la sua nudità.
Continuò la sua folle danza tra fischi, applausi e ululati, vestita di solo sudore e sguardi vogliosi.
L’ oste si diresse verso il portone e chiuse a chiave, proprio nell’ istante in cui la musica cessò. Daniela si arrestò con essa, nuda ed ansante, e aprì gli occhi. Quello che vide furono otto uomini (me compreso) a bocca aperta davanti a lei.
Si sollevò i capelli guardandosi attorno mentre prendeva un po’ di fiato. Poi, con una naturalezza da far rabbrividire, disse: “Ho sete, qualcuno mi dà da bere?”
Le passai il fiasco di vino, lei si piegò verso di me, lo afferrò, mi fissò dritto negli occhi e mi sussurrò: “Ti amo, porco pervertito”. Piegata sulle ginocchia, con le tette dondolanti e con il culo esposto agli sguardi degli uomini, mi diede un dolcissimo bacio sulla bocca.
Poi si sedette al centro del tavolo, spalancò oscenamente le gambe e si versò il vino in bocca, lasciandone gocciolare una discreta quantità sul mento, sul collo, sul seno, sulla pancia, fino alla passerina.
Posò il fiasco al suo fianco e cominciò a toccarsi. Le sue mani cominciarono a massaggiarsi il corpo, strizzandosi i capezzoli durissimi e bagnati, scivolando lentamente tra le gambe, dove trovò il suo sesso che reclamava piacere da ormai troppo tempo.
Cominciò a masturbarsi, così, meravigliosamente nuda, gocciolante, sul quel tavolaccio di legno, davanti agli sguardi attoniti di quei perfetti sconosciuti. Dopo pochi secondi provvedeva a ruotare sul tavolo in modo che ognuno dei commensali avesse la sua porzione a quel banchetto di bellezza e di sfrontatezza, mentre ognuno di loro aveva ormai rinunciato a qualsiasi forma di ritegno estraendo i loro cazzi già visibilmente in tiro e cominciando a masturbarsi con lei, a masturbarsi DI lei.
Stentavo a riconoscere mia moglie. D’accordo, era ubriaca, ma questo non spiegava come potesse trasformare una donna normale in quello che vedevo adesso, una Dea del sesso che si masturbava oscenamente davanti a dei cinquantenni sconosciuti guardandoli masturbarsi a loro volta e fissandoli negli occhi, per alimentare la sua eccitazione con la loro.
Finito il giro del tavolo, quando tutti ebbero una visione ravvicinata della sua fighetta aperta, Daniela scese dal tavolo e si fermò davanti al primo uomo, quello della bici.
Si chinò in avanti e fece una cosa che mi fece rabbrividire. Lo baciò.
Lo baciò con una passione che raramente avevo visto prima, ammirai lo spettacolo delle loro lingue contorcersi l’un l’altra, restai a bocca aperta nel vedere mia moglie succhiare avidamente la lingua di quel tizio, mentre con una mano gli prese il cazzo e cominciò a masturbarlo sapientemente, e le sue tette venivano offerte alle sue mani ruvide che le palpavano come se volesse mungerle.
Poi si staccò dalla sua bocca, si chinò a novanta gradi e fece scomparire il cazzo dell’uomo nella sua bocca. Aveva un arnese considerevole, così si ritrovò ad ingoiarlo non senza fatica. Porgeva il proprio meraviglioso culo nudo agli sguardi di tutti mentre leccava quel cazzone e ci sputava sopra per inumidirlo meglio, finchè, aiutata dalle mani dell’ uomo ferme sulla sua nuca, non riuscì ad ingoiarlo tutto fino alle palle.
Quando, dopo pochi secondi, si alzò, un rivolo di saliva le colava dalle labbra. Fissando dritto negli occhi l’uomo che aveva appena spompinato, raccolse il filo di saliva con un dito, se lo infilò nella bocca spalancata e lo ciucciò, tutto con una lentezza mozzafiato.
Con un sorrisino si diresse verso il prossimo, mentre l’uomo della bici non perse l’occasione per mollarle una sonora pacca sul sedere non appena gli diede le spalle.
Si diresse dal prossimo uomo, il più anziano, un sessantenne grasso e pelato, tutt’altro che affascinante, ma Daniela gli riservò lo stesso trattamento. Ormai aveva perso ogni ritegno, era evidente che non gli interessava nulla di chi fosse, voleva solo comportarsi da troia qual’era diventata.
Dalla mia posizione ammirai col cuore in gola il giro completo del tavolo, ad ognuno dei commensali veniva riservato lo stesso trattamento, bacio appassionato con la lingua, pompino profondo, palpate varie e pacche sul culo negli spostamenti.
Gli uomini cominciarono ad apostrofarla pesantemente durante la performance, con frasi come “Si, succhiamelo per bene, troia”, “che puttana che sei”, “te la sfondo quella gola”.
L’ultimo commensale prima di me era l’oste, che quando la vide arrivare la afferrò per i capelli e, invece di baciarla come gli altri, le fece aprire la bocca e le sputò dentro. Poi la tirò violentemente verso il suo cazzo (questo era veramente enorme) e glie lo infilò dentro in un colpo solo. Cominciò a muoverle la testa su e giù con colpi forti e veloci, sempre tenendola con i capelli, poi si fermava tenendola schiacciata sulle palle con quel cazzone infilato fino in gola fino a farla soffocare. Daniela mugolava e si agitava, ma lui le diede uno schiaffo sulla guancia con ancora il suo cazzo dentro e le disse “Stai zitta, troia, e succhia!”, mentre gli altri si erano avvicinati e, messosi dietro di lei, le facevano di tutto: chi le infilava dita nella figa, chi nel culo, chi le schiaffeggiava le tette insultandola in tutti i modi. Finalmente, quando pensavo che sarebbe soffocata davvero, l’oste la tirò su per i capelli estraendole quel cazzone dalla gola. Daniela fece un respiro profondo, le labbra e il mento grondanti di saliva e di liquido preseminale, mentre i porci dietro di lei non accennavano a darle pace.
Si spostò davanti a me e con gli occhi devastati dall’ alcool e dal desiderio, mi baciò.
Poi scese verso il mio cazzo e lo prese in bocca. In quell’ istante il tipo della bici decise che era giunta l’ora di finirla con i giochini e, posizionatosi dietro di lei, prese in mano il cazzo e lo infilò nella figa di mia moglie senza troppi complimenti.
Daniela trasalì, e sollevò la testa dal mio cazzo rimanendo a bocca spalancata davanti ai miei occhi, mentre quel tizio continuava a darle sonori e ripetuti colpi da dietro sbattendomela davanti agli occhi. Le strizzava forte le chiappe, e continuava a stantuffarla, mentre gli altri si alternavano chi a schiaffeggiarle le chiappe, chi a strizzarle tette e capezzoli, chi a tirarla per i capelli e urlarle in faccia che era una troia, una puttana, una succhiacazzi, mentre lei godeva a occhi chiusi e bocca aperta da cui colava un costante rivolo di saliva.
Difficilmente dimenticherò quelle immagini, fotogrammi indelebili che resteranno impressi nel mio cervello. Mi ripresi dalla mia catalessi, le afferrai il viso tra le mani e le dissi che l’amavo. Lei rispose “…Anche … io ….ti …. Amo….” non senza difficoltà visti i colpi martellanti che riceveva da dietro dall’ uomo della bici. Le nostre labbra si unirono in un bacio la cui dolcezza e profondità creavano un contrasto indescrivibile con tutto quanto stava accadendo lì intorno. Ma fu solo un attimo.
Le staccarono la testa dalla mia tirandola per i capelli, e il posto che fino a pochi istanti prima era occupato dalla mia lingua fu preso immediatamente da un cazzo, poi da un altro, poi da un altro ancora, tutti a turno tenevano mia moglie per i capelli scopandole la bocca come fosse una figa. Anche dietro di lei cominciarono i turni, non appena un uomo scaricava nel suo sesso la sua dose di sborra, veniva immediatamente rimpiazzato da un altro, mentre l’uomo che aveva appena goduto dentro di lei si posizionava davanti e glie lo infilava in bocca senza complimenti invitandola a pulirlo per bene. Per una buona mezz’ora restai lì impalato, masturbandomi, ad assistere all’ incredibile scena di mia moglie montata da sette uomini sconosciuti a pochi centimetri dai miei occhi, il suo corpo che si avvicinava e si allontanava da me in seguito ai colpi che prendeva da dietro, le sue tette pendenti mai trascurate da qualcuno di loro che non smetteva mai di palparle e mungerle e strizzarle i capezzoli, mentre, sempre abbrancata per i capelli, non c’era attimo non avesse un cazzo, o addirittura due, a scoparle la bocca, il tutto condito da una serie infinita di insulti e frasi a me rivolte come “Guarda come te la sbattiamo ‘sta gran troia che ti sei sposato”, “Che credevi di portarla qui vestita come una puttana e di passarla liscia?”, “Adesso te la sfondiamo per bene la tua puttana” e via dicendo. Assistetti inerme ad almeno tre orgasmi della mia signora.
Quando gli ultimi ebbero sborrato dentro di lei, i primi erano già pronti per ricominciare. La sollevarono di peso in quattro e la buttarono sul tavolaccio. L’oste le spalancò le gambe e due di loro la tenevano per i piedi, mentre gli altri cominciarono a palparle le tette con foga.
L’ oste infilò due dita nella figa di Daniela, spalancata dalla posizione in cui era stata messa, prelevandone una discreta quantità di sborra appena depositata dagli altri. La usò per lubrificare il culetto di mia moglie, ormai completamente abbandonata al piacere ed incapace di presentare un qualsiasi tipo di reazione. Era completamente alla loro mercè.
L’ oste cominciò infilando due dita nel meraviglioso buchetto posteriore della mia signora, poi tre, per poi estrarle e, al grido di “E mo je sfonnanmo pure er culo a ‘sta zoccola!” la inculò in un colpo solo tra le urla di approvazione del gruppo. Cominciò ad incularla con una forza insospettabile, con colpi profondi e secchi che avrebbero fatto sbattere le tette di Daniela su e giù se non fossero state continuamente preda delle mani degli altri, che nel frattempo le scopavano la fighetta arrossata e piena di sborra con due,tre dita. Due di loro avevano cominciato a fotterla in bocca dall’ altro lato del tavolo, mentre i due che continuavano a tenerle le gambe aperte si masturbavano, leccandole i piedi.
Daniela avrebbe voluto urlare di piacere e di dolore, ma gli unici suoni erano degli sbuffi che a mala pena uscivano dalla sua bocca sempre piena di cazzi fino alle palle.
Gli uomini si alternarono nuovamente in quella posizione, girando attorno al tavolo, prima inculandola, poi infilandoglielo in gola. Quando tutti ebbero svuotato le loro palle per la seconda volta nel culo di mia moglie, pensai fosse finita. Daniela stava sdraiata sul tavolo a cosce aperte, rivoli di sborra le colavano dalla figa e dal culo, esausta e madida di sudore, coperta di lividi per le pacche ricevute.
Ma quei signori attempati non finivano di stupirmi e, dopo pochissimi minuti erano già pronti per darle il terzo giro. “Che credi, di cavartela così?”, mi disse l’oste.
“Una zoccola come questi non capita tutti i giorni, soprattutto non a noi. E poi ho visto come ti piace guardare che ce la sbattiamo, perciò preparati, che adesso la riempiamo come si deve”.
L’uomo della bici si sdraiò per terra, mentre gli altri sollevarono il corpo esanime di Daniela e la impalarono infilando il cazzo dell’ uomo nel suo culo. Poi l’oste si infilò nella sua fighetta, mentre gli altri si alternavano a scoparle la bocca tenedole la testa e altri due si masturbavano strofinando i loro cazzi sui suoi piedi e tra le sue dita.
Assistetti impietrito alla foga con cui quegli uomini non si stancavano a sbattere mia moglie, riempita in tutti i buchi, che si lasciava fare di tutto ormai senza un briciolo di forza, passivamente, con rassegnazione,ma al contempo continuando a godere come non mai.
Mi masturbavo furiosamente ammirando la scena di quegli uomini che si alternavano anche stavolta con sincronismi quasi perfetti, ascoltando l’osceno suono liquido della sborra copiosamente presente nei buchi di mia moglie quando un cazzo dopo l’altro entrava ed usciva.
Finalmente tutti uscirono da lei e si alzarono, senza venire. Sapevo benissimo cosa stava per succedere. Mia moglie restò immobile ed esausta sul pavimento mentre i sette uomini le riversarono sul corpo la loro terza carica di sperma. Quando terminarono l’immagine che si parò ai miei occhi era incredibile : Daniela era stesa sul pavimento, nuda, letteralmente ricoperta di sperma. Sul viso, sui capelli, sulle tette, sulle gambe, sui piedi. E naturalmente dalle gambe dischiuse continuava a colare sborra dalla figa e dal culo.
Gli uomini la sollevarono di peso e la trascinarono fino alla mia sedia, mettendola in ginocchio davanti a me. “Guarda tua moglie ricoperta della nostra sborra”, mi disse l’ oste, “Non è meravigliosa?”. E in effetti mi ritrovai a pensare che lo era. Era assolutamente meravigliosa. E l’amavo forse come mai l’avevo amata.
“Adesso è il tuo turno”, disse l’oste, “ora che abbiamo finito con lei puoi venire anche tu”.
Mi diedi gli ultimi colpi veloci, dato che neanche adesso so come posso essere riuscito a trattenermi dal venire fino a quel momento, e le venni sul viso unendo la mia sborra a quella degli altri, mentre l’uomo della bici dietro di lei le mungeva le tettone impiastricciate.
Si alzarono tutti, non senza farmi i complimenti per la troia che avevo e si spostarono verso il bancone, dove ripresero a bere vino.
L’ oste mi portò dei tovaglioli, con i quali pulì alla bell’ e meglio il viso di Daniela. Solo il viso, così da poterle dare un bacio che desideravo da morire, il resto del corpo lo lasciai così com’era, meravigliosamente gocciolante.
Lei aprì gli occhi e mi sorrise.
“Ti amo”, le sussurrai.
“Ti amo”, mi rispose con un filo di voce.
Qualche minuto per riprendere un minimo di forze e ci rialzammo. Gli uomini ci invitarono a bere qualcosa con loro. Ne avevamo davvero bisogno. Soprattutto mia moglie!
Mentre ci dissetavamo gli uomini continuavano a palparla in tutto il corpo e a dirle che era “una troia meravigliosa”, domandandole se “le era piaciuta la dose di cazzo che le avevano dato stasera”. Lei rispose di si, che era stato fantastico, senza mai spostare le mani che si intrufolavano nel suo corpo. “Tornate quando volete, che te ne diamo ancora!”.
“Può darsi”, rispose lei, “ma la prossima volta portate qualche altro amico!”, provocando una fragorosa risata.
Arrivò il momento dei saluti, ma questo ci fece ricordare che eravamo senza denaro, e non sapevamo come raggiungere il nostro hotel a quell’ ora di notte, senza poter chiamare un taxi.
“Nessun problema”, rispose l’oste,”vi accompagnamo noi con la macchina. Ve lo siete meritati un passaggio, no?”
Ci avviammo verso la macchina dell’ oste, una Fiat Multipla a sei posti. Due uomini ci salutarono dicendo che era tardissimo e che le loro mogli li avrebbero uccisi se avessero tardato ancora.
Daniela, che non riusciva a trovare da nessuna parte i suoi vestiti (si fa per dire), sicuramente sequestrati come trofeo da qualcuno, fu vestita con una camicia bianca molto corta (appena sotto il culo) e con i bottoni strappati, per cui per tenerla chiusa l’unico modo era tenerla con le mani. Durante il tragitto notai che dalle cosce di mia moglie continuava a colare sperma fino alle caviglie, e che i piedi producevano un leggero rumore di sciacquio contro gli zoccoli.
Mi fecero accomodare davanti, mentre mia moglie salì dietro insieme ad altri tre, i quali, appena l’oste mise in moto, le sfilarono la camicia e ricominciarono a palparla e ad infilarle le dita nei buchi ancora pieni e colanti. Durante il tragitto mi girai a guardare mia moglie che faceva il pompino della staffa a quei tre, ingoiando tutto fino all’ ultima goccia.
Arrivammo all’ hotel, e, visto che la strada era deserta, i quattro decisero che non c’era bisogno di mettersi la camicia. Così Daniela venne fatta smontare dalla macchina completamente nuda e accompagnata al portone dell’ hotel in quello stato.
Arrivati all’ ingresso facemmo per salutare, ma l’oste reclamò che voleva anche lui il pompino della staffa come gli altri.
Daniela non si fece pregare e, con mia grande sorpresa, si inginocchiò, estrasse il cazzone dell’ oste e si mise a succhiarglielo lì, sul portone.
Gli altri commentavano “Ma che gran troia, in mezzo alla strada!”
Mia moglie continuava incurante, e ci mise cinque minuti buoni, nonostante il suo impegno, a portare l’oste sulla soglia dell’ orgasmo. Ma quando era lì lì per venire lui la fermò. “Madonna mia quanto sei puttana, vieni qui.”
E così dicendo la girò, la appoggiò al portone dell’ hotel, e cominciò ad incularla selvaggiamente. Pochi colpi ben assestati e le riempì il culo per l’ennesima volta.
Daniela resto ansimante appoggiata al portone con un filo di sborra che le colava dal culo ormai sfondato, cosa che lo fece tornare duro all’ istante anche agli altri.
Tutti, a turno, incularono mia moglie per l’ultima volta sul portone dell’ hotel.
Proprio sugli ultimi colpi con cui l’ultimo uomo svuotava i suoi coglioni nel culo di mia moglie, il portone si aprì, e apparve la portinaia, svegliata dai colpi dati contro il portone.
Fissai divertito la sua espressione orripilata nel vedere mia moglie completamente nuda e col corpo ricoperto di sperma in parte essiccato, e dietro di lei, oltre a me, quattro uomini molto più vecchi di noi con ancora fuori i loro cazzi sgocciolanti.
Mi girai verso di loro e porsi la mia buonanotte. Presi Daniela per un braccio e ci incamminammo lungo la hall. Mia moglie si fermò e corse verso i quattro uomini. Uno ad uno li ringraziò con un lungo e appassionato bacio in bocca mentre ognuno di loro le allargava le chiappe facendo uscire dal suo culo un altro rivolo di sperma.
“Buonanotte!” disse loro, tornando verso di me.
“E buonanotte anche a lei, signora!”, disse rivolgendo un sorriso beffardo alla portinaia.
La donna sembrava impietrita nella sua smorfia di incredulità ed orrore.
Non potè fare altro che restare con la maniglia del portone in mano a guardare esterrefatta quella coppia che si avviava abbracciata verso l’ascensore, lei completamente nuda, che ad ogni passo provocava rumori osceni e colava tra le gambe.
Tornati in camera facemmo una doccia tonificante e ci buttammo nel letto.
Facemmo l’amore con una dolcezza ed un’ intensità senza precedenti.
Peccato che l’indomani saremmo ripartiti, altrimenti si sarebbe potuti davvero tornare in quell’ osteria.
Ma l’ Italia è piena di osterie …

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28/09/2006 10:42

ALEX

O'BARONE MA VA A'FANCULO SEGAIOLO.

27/02/2007 23:28

Marco

Non avevo dubbi che era una storia di fantasia, infatti quella non era tua moglie ma eri tu con la parrucca brutto frocione

26/09/2011 16:46

porco

È troppo lungo si.. Ma perchè non ho trattenuto la sborra nel finirlo..

26/09/2006 08:44

O'BARONE

o' prufssore vesuviano TI PUZZA IL FIATO DI SPERMA STAI ZITTA ALTRIMENTI INQUINI QUESTO SITO SCHIFOSO DOVE TU MANTIENI LA BANDIERA. FACCIO IL CAMIONISTA E NON POSSO RISPONDERE FACILMENTE PERCHè NEL MIO TIR NON TENGO INTERNET, QUINDI RISPONDO A PIù PRESTO. A TUTTI VI DICO CHE MI LAVO OGNI 2 GIORNI QUINDI CHI MI VUOLE LECCARE LE PALLE E SUCCHIARE LA MIA BESTIA è BEN ACCETTATO BASTA DIRLO TANTO GIRO TUTTA L'ITALIA E VI PROMETTO DI FARVI GUSTARE ANCHE LA CREMA BIANCA CHE SI FA SULLA CAPPELLA. A PRESTO ASPETTO VS NOTIZIE

25/09/2006 22:47

LA MUMMIA

SI è LUNGA MA L'HO LETTA SOLO ALL'INIZIO PERCHE TI USCIVA DALLA BOCCA A FROCIO BURINO

25/09/2006 08:33

o' prufssore vesuviano

a tutti sti ricchiun ca scrivn .... sit buon sul a scapucchià e capocch e cazz e ma ta lecca e pall quand e teng surat'...parola ro prufssor e a chi mì' risponn ten o cul massacrat e bott

23/09/2006 22:50

lisa

dario si era capito che non sei tu...

23/09/2006 14:45

Dario Fo

Una precisazione, anche se mi sembra superflua: lo scrivente alla ora 09:08:25 non sono io.

23/09/2006 09:08

Dario Fo

Iaia sei un brutto culattone

19/09/2006 18:52

ribelle

ma poi.......ti sei svegliato?

15/09/2006 23:12

Atahualpa

Cara Mummia, effettivamente e' lungo, ma noto che non lo e' abbastanza da farti perdere la voglia di leggerlo fino in fondo. E senza che nessuno ti obbligasse a farlo, tra l'altro !! :-)

15/09/2006 20:40

LA MUMMIA

QUAESTA è STORIA è LUNGA COME IL CAZZO CHE PRENDI IN CULO MA VA A CAGARE.......!!!!!!!

15/09/2006 17:34

lisa

senti chi parla di verosimile o no cesarino che le storie sue sembrano uscite dal mondo delle favole erotiche ... da che pulpito...

15/09/2006 15:29

Cesare

Certo Ata che non si poteva trattare altro che di fantasia e sono d'accordo con iaia....si legge comunque volentieri anche se effettivcamente qualche sborrata di meno l'avrebbe fatta pensare quanto meno ..possibile...

15/09/2006 15:23

iaia

condivido quanto esposto da DarioFo. Tutto, tranne le proprietà afrodisiache del vino di Genzano ;)

15/09/2006 14:38

iaia

condivido quanto esposto da DarioFo. Tutto, tranne le proprietà afrodisiache del vino di Genzano ;)

15/09/2006 14:06

Dario Fo

Simpatico Atahualpa, non la deluderò di certo affermando che nessuno credeva veramente all'accaduto. Ma, come sempre, più del vero importa il verosimile. Per iaia: il vinaccio orrido di Genzano può fare questo e altro, se non ti spappola il fegato prima.. :)

15/09/2006 13:52

Atahualpa

Nel ringraziare coloro che mi hanno fatto i complimenti per il racconto, mi duole deludere quelli (francamente non pensavo cosi' tanti) che hanno creduto che si trattasse di una storia vera. Mi spiace per chi non potra' sfogare le proprie frustrazioni dandomi del cornuto, ma quello che avete letto e' al 100% frutto di fantasia.

15/09/2006 13:28

iaia

Anche se piuttosto inverosimile (sfido chiunque e di qualunque età ad avere 4 orgasmi ravvicinati come gli astanti dell'osteria) il racconto e godibile per ritmi e descrizioni. Se avessi limitato ad un numero più ragionevole perlomeno gli orgasmi sarebbe stato più realistico e "vivo".

14/09/2006 20:12

Dario Fo

Generoso Atahualpa, un solo commento: il vino de li castelli e la coda alla vaccinara, dopo una bella amatriciana, sortiscono effetti strepitosi. Altro che il viagra! In ogni caso il racconto è divertente e scritto bene, complimenti.

14/09/2006 19:51

martin

oh la ricordi la canzone "ma sei un pirla, e c'hai la faccia da pirla, e sei un pirla..."? prova a cantarla e magari tua moglie si fa sbattere di nuovo. PIRLUN

14/09/2006 11:17

Magellano

Cornuto

14/09/2006 11:12

brus

è finita? è finita?. ... E' FINITA!! Mamma mia che strazio... Come si chiama l'osteria in questione? No perchè dovrei organizzare una festa di compleanno e magari poteva essere interessante... Anzi vieni anche tu così mi fai da cicerone e porto la macchina fotografica per rivivere appieno tutti i momenti...

13/09/2006 23:20

car

nn vorrei mai che fosse una stronzata...altrimenti nn mi resta che fare i miei complimenti...puttana...

12/10/2006 14:34

vittoria

una merdata....ma cmq bravo a scrivere...

10/10/2006 12:41

mirco

fantasia o no ..a me è venuto il cazzo duro....bel racconto.

02/10/2006 00:14

O`BARONE

SONO UN POVERO RITARDATO PERDONATEMI SE POTETE PER GODERE ME LO DEVO FAR CIUCCIARE DALL^ASPIRAPOLVERE..E POI QUANDO IL MIO CULETTO A VOGLIA CE IL MIO CANEPASTORE CHE POVERINO MI SI INCULA E CHE CI VOLETE FA SO MIGNOTTONE POVERO FALLITO DELERITTO CHE GIRO CON IL MIO CAMION A CERCA DE FARMI SCOPA DE QUALCHE CAMIONISTA MEZZO CECATO PER QUANTO FACCIO SCHIFO RAGAZZI O BARONE VE SALUTO RITORNO NEL MIO BUCO DI MERDA A CIUCCIARMI IL PISELLINO DE BEBY CHE HO CIAO A TUTTI

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